La storia è un po’ lunga (l’hanno raccontata bene sia Filippo Facci, su Libero, che Giovanni Favia); vedrò di riassumerla al massimo.
Il Senato, come noto, ha licenziato, in via definitiva, un testo di legge per punire il cosiddetto voto di scambio mafioso (il 416-ter). L’iter legislativo è stato assai lungo e tortuoso e ha richiesto quattro “letture” (quattro “rimpalli” da una Assemblea all’altra).
La Camera, il 16 luglio scorso, aveva approvato un buon testo (in prima lettura); che, passato al Senato, però, era stato emendato in senso peggiorativo. Suscitando perplessità innanzitutto tra i magistrati. Ecco i due testi a confronto.
I rilievi avanzati sia dai togati che dai politici riguardavano diversi aspetti:
1) Nel testo approvato da Palazzo Madama era scomparso l’avverbio “consapevolmente” («Chiunque accetta consapevolmente il procacciamento di voti con le modalità previste dal terzo comma dell’articolo 416-bis in cambio dell’erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dieci anni»). Il che avrebbe potuto creare non pochi problemi, in caso di entrata in vigore della norma: se Cosa Nostra avesse voluto far fuori un proprio avversario, a sua insaputa avrebbe potuto procurargli voti e farlo finire sotto processo;
2) Accanto ad “altra utilità” era comparsa la parola “qualunque”. Anche in questo caso avrebbero potuto manifestarsi problemi. Una legge finalizzata a ridurre le imposte a qualsiasi cittadino, ad esempio, data l’indeterminatezza del testo, avrebbe potuto essere magari considerata anch’essa come un favore (“una qualunque altra utilità”) a Cosa Nostra;
3) Sempre nel testo licenziato dal Senato era comparsa quella che, poi, sarebbe stata ribattezzata la “messa a disposizione” («in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione»). Come avrebbero mai potuto valutarla, i magistrati, questa messa a disposizione, vista la genericità della formulazione legislativa? Uso l’esempio fatto da Filippo Facci. Grillo, quando è stato in Sicilia, ebbe a dire: «la mafia non strangola le vittime ma chiede solo il pizzo». Se la norma fosse entrata in vigore, così come uscita dal Senato, anche questa dichiarazione, magari, avrebbe potuto essere interpretata come una “messa a disposizione” (ovvero: un “mettersi a disposizione” di Cosa Nostra) e generare un’inchiesta;
4) Il Senato aveva innalzato la pena da 4-10 anni a 7-12 anni, suscitando i rimbrotti innanzitutto dei magistrati impegnati in prima linea nella lotta alla Mafia: siccome la norma equiparava la pena del voto di scambio a quella prevista dal 416-bis, ovvero l’associazione mafiosa vera e propria, la Corte Costituzionale l’avrebbe certamente bocciata perché contraria al principio della proporzionalità (non si possono punire due reati di diversa gravità, ad esempio il furto semplice ed il furto a mano armata, con la medesima pena: non sarebbe né giusto né razionale).
Dunque, ritornato alla Camera e poi ancora al Senato, il testo è stato nuovamente cambiato e depurato degli aspetti qui evidenziati, prima, ed infine votato in via definitiva. «Abbiamo uno strumento in più contro le mafie che toglie spazio alla zona grigia occupata dai colletti bianchi», ha dichiarato, dopo la sua approvazione, il procuratore nazionale Antimafia, Franco Roberti. «La legge è equilibrata perché ha tolto gli aspetti che potevano creare incertezza con riferimento al discorso della disponibilità. Credo che sia una legge fatta molto bene che punisce quello che deve essere punito e cioè lo scambio delle promesse tra mafiosi e candidati», ha chiosato il giudice Raffaele Cantone ora in forze all’autorità Anticorruzione.
E i grullini, invece, come l’hanno accolta?
More solito: facendo ammuina e gridando allo scandalo perché la norma definitiva, per non essere incostituzionale, prevede pene a loro giudizio lievi (da 4 a 10 anni di reclusione), ovvero inferiori a quelle che il testo del Senato, in seconda lettura, contemplava (da 7 a 12 anni di carcere).
Peccato, però, che il testo definitivo preveda lo stesso numero di anni di reclusione di quello uscito in prima lettura (il 16 luglio 2013) dalla Camera. Ovvero quello a favore del quale il Movimento 5 Stelle, guarda caso, aveva votato, come si può appurare consultando il sito Openpolis.
Evidentemente pensano che gli italiani, innanzitutto quelli che li votano, siano tutti emeriti coglioni.
Ps. Buona Pasqua a tutti.