La Commissione Giustizia della Camera, nell’indifferenza pressoché totale dei mezzi d’informazione (o quasi), ne ha fatta una (abbastanza) giusta a nome dell’intero Parlamento: ha dato il via libera ad un disegno di legge, presentato da Alessandra Moretti (Pd) e Luca D’Alessandro (Forza Italia), avente ad oggetto l’introduzione del cosiddetto divorzio breve. Il testo, che approderà in Aula il 26 maggio per la discussione, prevede che il connubio tra due persone possa risolversi, se c’è accordo tra esse, in sei mesi; se invece manca, in dodici (rispetto ai 36 attuali).
La norma, che ha sicuramente il pregio di aprire il nostro paese alla Modernità, ha tuttavia un limite: tratta tutte le coppie allo stesso modo, considerando del tutto trascurabile il fatto che esse abbiano o meno dei figli, e che quest’ultimi siano minorenni o maggiorenni. Una scelta francamente incomprensibile, anche in punta di diritto: trattare in modo eguale casi diseguali, è sbagliato ed ingiusto. Proverò a spiegare il mio punto di vista (liberal-conservatore, naturalmente).
Se nella coppia mancano figli, ci si trova semplicemente in presenza di due Individui; il cui divorzio non nuoce ad alcuno essendo un mero atto capitalistico tra maggiorenni consenzienti. Ben diversa, invece, è la situazione di una coppia con figli minorenni.
In questo caso, a modesto parere di chi scrive, il ménage non è più costituito da Individui, ma da Genitori. Questi, ed al contrario di quelli, avendo deciso di mettere al mondo dei figli, cosa né obbligatoria né prescritta dal medico, non possono che avere, prima ancora che diritti verso se stessi, obblighi nei loro riguardi. Obblighi morali, ancor prima che legali. Hanno il dovere di non farli soffrire, ad esempio. E divorziare in quattro e quattr’otto, con la stessa leggerezza e rapidità con cui si può decidere se trangugiare una pizza margherita o una alle quattro stagioni, forse, e dico: forse, non va propriamente nella direzione di non procurare loro dolore. Forse i genitori in questione dovrebbero avere un po’ più di tempo per ponderare meglio la scelta.
Libertà e responsabilità sono elementi inscindibili: le due facce, come usa dire, della medesima medaglia. Io posso fare ciò che voglio, ma devo assumermene la piena responsabilità. Se metto al mondo un figlio, devo prendermene cura fino a quando non sarà in grado di farlo da solo; è un mio dovere: visto che ho deciso io di farlo venire a vita. Se non voglio questo genere di obblighi, mi basta non procreare. Semplice.
Ecco. L’auspicio è che il testo di legge, quando approderà in Aula per la discussione, possa essere emendato – da quelli che hanno l’ardire di definirsi di centrodestra – al fine di tenere conto delle cose qui dette.
Due Individui devono rendere conto solo a se stessi. Due Genitori, invece, innanzitutto ai propri figli.
È l’ordine naturale delle cose.